giovedì 27 marzo 2014

Alessandro Tota: Quello che ho la fortuna di poter chiamare "il mio lavoro"

"In Italia quando io avevo vent’anni ci si autoproduceva per un’urgenza personale fortissima, con attitudine punk, decisamente più grezza. Adesso l’atmosfera è cambiata, però fino a qualche anno fa le fanzine erano ancora tutte fatte alla cazzo, contava il forte bisogno di esprimersi. Questo era determinato anche dalla ristrettezza dei mezzi: a parte forbici, colla, cucitrice e fotocopiatrice non c’erano molti altri strumenti alla portata di tutti. Partendo dalle prime esperienze con “Aneurisma”, passando per “Canicola” fino a quando ho iniziato a lavorare al mio primo libro a fumetti, Yeti, ho sempre trovato energia nei gruppi, a costo però di sacrificarvi parte della mia identità. Solo quando mi sono trasferito a Parigi, con la grande solitudine che comporta arrivare in una città straniera, ho cominciato a trovare la mia voce. Ora, se mi capita di collaborare con una rivista autoprodotta come “Papier Gaché” o di progettare un libro con uno dei colleghi con cui ho preso in affitto un atelier, non è più un compromesso, ma finalmente una scelta per il puro piacere di creare qualcosa assieme. Non ci si può limitare a consumare, il vero divertimento è nel fare le cose!" (Alessandro Tota)

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